di Stefania Ficacci
Quando il fronte di guerra si arenò nel Basso Lazio, lungo il fiume Garigliano, il controllo della via Casilina e della ferrovia Roma-Cassino diventò l’obiettivo principale per nazifascisti e Alleati. Qui passavano i rifornimenti delle truppe tedesche, da qui sarebbero arrivati gli Alleati a liberare Roma. Almeno centocinquantamila persone abitavano i quartieri di Tor Pignattara, Centocelle, Quadraro, Borgata Gordiani, Quarticciolo, lungo le vie Casilina, Tuscolana e Prenestina. Immigrati per lo più, poi parecchi dissidenti politici, operai e impiegati nelle aziende pubbliche, commercianti, artigiani. C’erano poi gli abitanti delle borgate volute dal fascismo e dei borghetti abusivi. E stretta fra la ferrovia Roma-Cassino e via Casilina, poco dopo Porta Maggiore, ancora oggi brulica e fermenta il quartiere di Tor Pignattara. Alla fine del 1943 divenne il baricentro dell’VIII zona del CLN e di questo quartiere #raccontiamolaresistenza.
Tra l’8 settembre 1943 e il 4 giugno 1944 trova il suo baricentro nei quartieri a sud est di Roma, complice la posizione strategica di queste zone rispetto al fronte di guerra posizionato sulla Linea Gustav di Cassino nell’area del basso Lazio. In poche settimane, la via Casilina e la ferrovia Roma-Napoli diventano arterie principali di transito e collegamento per i due eserciti, quello nazifascista – che le sfrutta per rifornire il fronte di uomini e mezzi – e quello Alleato – che intensifica l’attacco aereo su quest’area per aprirsi una strada verso Roma.
Particolarmente violento è il bombardamento del 13 agosto 1943, che colpisce la linea ferroviaria (colpendo quindi l’abitato del Borgetto degli Angeli, oggi Villa Certosa) e la via Casilina (distruggendo la ferrovia delle Vicinali e provocando nuove numerose vittime). Tutti i quartieri subiscono numerosi mitragliamenti e spezzonamenti lungo tutti i 9 mesi di occupazione nazifascista della città, che provocano centinaia di vittime.
Per il Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) Tor Pignattara diviene il luogo di comando dell’VIII Zona – che comprende Pigneto, Quadraro, Centocelle, Borgata Gordiani e Quarticciolo – le cui operazioni, militari e politiche, sono affidate a Luigi Forcella, Dante Sommaruga e Nino Franchellucci. A sua volta l’VIII Zona è divisa in 3 Squadre: Tor Pignattara (che conta il maggior numero di membri), Centocelle e Quadraro, a loro volta divisi in Gruppi di Azione Patriottica (Gap). I compiti principali si articolano in azioni di sabotaggio dei rifornimenti e delle armi dell’esercito nazifascista – assaltando camion e treni in transito – protezione dei soldati Alleati sbandati, contrasto alle retate di polizia e collegamento tramite ponte radio con l’esercito Alleato. Accanto al PCI operano gruppi di uomini che si riconoscono nel partito d’azione – come il gruppo di Giustizia e Libertà organizzato da Paolo Renzi e dai fratelli Italo e Spartaco Pula a Centocelle, e nel partito socialista e che ha come uomo di riferimento un medico di Tor Pignattara: Nicolò Licata. Attorno a Licata si costituisce una rete di medici e di militari – che si riunisce nel retrobottega del barbiere Ettore Donati – che fornisce aiuto sanitario e morale alla popolazione civile, soccorso ai partigiani feriti negli scontri con la polizia italiana e tedesca (utilizzando la struttura sanitaria del Sanatorio Ramazzini di Porta Furba, collegato all’ospedale Forlanini) e infine procura lasciapassare per soldati Alleati e disertori dell’esercito fascista.
Parallelamente all’attività delle due formazioni politiche dirette dal Cln, operano alcuni gruppi che si riconoscono nella formazione comunista trotzkista di Bandiera Rossa, movimento nel quale militano alcune decine di partigiani, divisi in bande, fra Villa Certosa, Marranella, Quadraro, Centocelle, di Ottavio Capozio, Egidio “Tigrino” Sabatini, Guerrino Sbardella e Antonio Roazzi. Fra tutte, va certamente ricordata la Banda Vincenzo Pepe, la cui base organizzativa si trova nella trattoria della famiglia Pepe in via di Tor Pignattara e che raccoglie l’adesione soprattutto della zona del Borghetto degli Angeli. A sostegno dell’attività di queste formazioni non va dimenticato il ruolo degli abitanti di tutti i quartieri che, anche se non inseriti nelle formazioni politiche, hanno svolto una funzione insostituibile di assistenza e di aiuto. Fra tutti certamente la figura del commissario di polizia di Tor Pignattara-Quadraro Salvatore Maranto, che consentì una copertura quasi totale della popolazione e delle formazioni partigiane almeno fino al suo trasferimento nell’ottobre del 1943.
Le retate del marzo 1944
Il trasferimento del commissario Salvatore Maranto dal commissariato di Tor Pignattara a quello di San Lorenzo nell’ottobre del 1943 rappresenta una svolta nella storia della Resistenza nel quartiere e, in generale, in tutta l’VIII zona. Il trasferimento è l’atto conclusivo di un inasprimento del controllo dell’area da parte della polizia tedesca, che aveva ormai compreso quale ruolo Maranto svolgesse nei confronti delle formazioni partigiane, provvedendo alla sua sostituzione con il filonazista Armando Stampacchia. Il cambiamento di atteggiamento della polizia italiana a Tor Pignattara si fa immediatamente evidente: il coprifuoco nell’VIII zona viene anticipato di un’ora, il controllo dei movimenti di persone e mezzi si fa più serrato, i rastrellamenti nelle abitazioni si svolgono con maggiore frequenza.
A febbraio del 1944, complice anche l’avvenuto sbarco ad Anzio delle truppe americane, la Gestapo concentra uomini e mezzi nella zona di Tor Pignattara, al fine di individuare e stroncare le forze partigiane. E’ in questo momento che dal Cln arriva l’ordine di uccidere il commissario Stampacchia, ritenuto il maggior responsabile di quel clima di terrore che i tedeschi hanno potuto imporre alla popolazione e alle organizzazioni resistenti. Dopo un tentativo fallito, il 4 marzo Valerio Fiorentini e altri gappisti si recano a casa del commissario, in piazza Ragusa, e lo uccidono.
L’atto è ritenuto dalla polizia tedesca un vero affronto. Forse grazie ad una delazione, la Gestapo individua i gap di Tor Pignattara e organizza una retata che porta all’arresto, tra il 12 e il 14 marzo, di 9 uomini. 8 di loro (compreso Valerio Fiorentini) sono trattenuti in via Tasso e dopo dieci giorni di detenzione e di torture sono assassinati alle Cave Ardeatine.
Da Tor Pignattara al Monte Tancia: la Pasqua di sangue del 7 aprile 1944
Dopo le retate di marzo il partito comunista ritiene indispensabile spostare i gappisti rimasti in altre zone di lotta, anche per sottrarli alla furia della polizia tedesca. Gli stessi Luigi Forcella e Nino Franchellucci sono inviati nella provincia di Rieti, sulle montagne sopra il comune di Leonessa. Nel territorio è operativa la brigata D’Ercole – collegata al Fronte militare clandestino – e comandata dal maggiore Carlo Baldassarri. Ad essa si uniscono i partigiani di Tor Pignattara e Quadraro trasferitisi da Roma, dando vita di fatto ad un’unica formazione partigiana denominata Brigata D’Ercole-Stalin, alla quale si aggregano soldati sbandati, ex prigionieri di guerra fuggiti dai campi della zona e renitenti alla leva. E’ a questa formazione che si uniscono i giovanissimi Giordano Sangalli e i fratelli Franco e Bruno Bruni.
La Brigata ha il suo quartier generale sul Monte Tancia, vetta reatina dalla quale è facile controllare il transito di uomini e mezzi verso la città di Rieti. E’ negli ultimi giorni di marzo che, con l’aumento delle azioni di sabotaggio operate dalle formazioni partigiane sul Monte Tancia, il prefetto repubblichino di Rieti, Ermanno Di Marsciano, richiede l’intervento della polizia tedesca per ripristinare il controllo dell’area e piegare la popolazione civile ad una collaborazione con l’esercito nazifascista. Nella notte del 31 marzo, nel territorio della Repubblica libera fra Cascia, Norcia e Leonessa, la polizia tedesca e fascista compie una massiccia retata che porta all’uccisione di 300 persone e all’arresto di 700 abitanti.
La settimana successiva è quella che precede la Pasqua. Nella notte del 6 aprile gli uomini del prefetto Di Marsciano, i fascisti della formazione 116 e le SS della formazione Shanze risalgono le pendici del Monte Tancia, occupando mulattiere e sentieri dell’area fra Monte San Giovanni in Sabina e Salisano. All’alba del 7 aprile un gruppo distaccato di uomini della formazione D’Ercole-Stalin, forse rimasti indietro per coprire la ritirate della formazione, cade in un assalto della polizia nazifascista. Sono il gruppo dei giovani comandato da Bruno Bruni. Ci sono il fratello Franco, Alberto Di Battista, Giacomo Donati, Domenico del Bufalo e il più giovane Giordano Sangalli, unitosi alle formazioni partigiane perchè renitente alla leva. Muoiono tutti sotto il fuoco tedesco, in località Arcucciola. Nel dopoguerra a Bruno Bruni, comandante di quel piccolo gurppo di giovani partigiani, è conferita la mediaglia d’oro al Valor Militare.