Author Archive Nina Quarenghi

Riapertura Irsifar

Si avvisa che l’Irsifar sarà riaperto al pubblico ogni MARTEDI’ e GIOVEDI’ dalle 10.00 alle 18.00 a partire da GIOVEDI’ 4 GIUGNO 2020. Chiunque abbia bisogno di consultare l’archivio è pregato di scrivere a irsifar@libero.it, così possiamo organizzare le visite.

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Note di storia | “Che colpa abbiamo noi”. Giovani e musica verso il Sessantotto

Come si arrivò allo scoppio della Rivoluzione del Sessantotto?

IRSIFAR propone, agli insegnanti e agli studenti, un video nel quale, a partire dall’analisi della canzone “Che colpa abbiamo noi” (Rokes, 1966), si cerca di dare una risposta a questo interrogativo.

Ovviamente si tratta di uno spunto di riflessione, che tocca in modo superficiale la complessità dell’argomento. Per approfondirlo vi invitiamo a

  1. Banti, Wonderland, Laterza, Roma-Bari, 2017
  2. Cavallo, Iaccio (a cura di), Penso che un sogno così non ritorni mai più. L’Italia del miracolo tra storia, cinema, musica e televisione, Liguori, Napoli, 2016
  3. Fasce, La musica nel tempo. Una storia dei Beatles, Einaudi, Torino, 2018
  4. Giachetti, Anni Sessanta, comincia la danza, BFS, Pisa, 2002

Note di storia | "Che colpa abbiamo noi". Giovani e musica verso il Sessantotto 🎹Come si arrivò allo scoppio della Rivoluzione del Sessantotto?IRSIFAR propone, agli insegnanti e agli studenti, un video nel quale, a partire dall'analisi della canzone "Che colpa abbiamo noi" (Rokes, 1966), si cerca di dare una risposta a questo interrogativo.Ovviamente si tratta di uno spunto di riflessione, che tocca in modo superficiale la complessità dell'argomento. Per approfondirlo vi invitiamo a- visitare, nel nostro sito, la mostra "Sessantotto di carta" https://www.irsifar.it/2018/03/10/il-68-di-carta-le-parole-le-idee-e-le-speranza-di-quellanno-nellarchivio-memoria-di-carta/- leggere questi libri:Banti, Wonderland, Laterza, Roma-Bari, 2017;Cavallo, Iaccio (a cura di), Penso che un sogno così non ritorni mai più. L’Italia del miracolo tra storia, cinema, musica e televisione, Liguori, Napoli, 2016;Fasce, La musica nel tempo. Una storia dei Beatles, Einaudi, Torino, 2018;Giachetti, Anni Sessanta, comincia la danza, BFS, Pisa, 2002.- scoprire i documenti del ricchissimo fondo "Memorie di carta" dell'Archivio IRSIFAR https://www.irsifar.it/archivio/

Pubblicato da Irsifar Roma resistente su Mercoledì 20 maggio 2020

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2 giugno: festeggiamo la Repubblica | Attività didattica a distanza per la scuola primaria

Questa attività didattica, pensata per riflettere con i propri alunni sul significato del 2 giugno e per ricordare insieme, per quanto a distanza, la festa della Repubblica, è rivolta alle ultime classi della scuola primaria, e si può svolgere in due videoconferenze di circa 40 minuti ciascuna.

L’attività può essere prenotata scrivendo a irsifar@libero.it – in quel caso sarà gestita dal nostro esperto – oppure può essere svolta direttamente dall’insegnante che potrà scaricare e utilizzare il materiale qui allegato.

Materiale:

Istruzioni per i docenti, scarica qui il pdf

Omino, scarica qui il pdf

PowerPoint, scarica qui il pdf

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«Italia bella mostrati gentile». L’emigrazione italiana tra XIX e XX secolo

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«Sing sing sing». Jazz e fascismo

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«James Bond Theme». Lo spionaggio durante la Guerra Fredda

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«Che colpa abbiamo noi». I giovani verso la rivoluzione del ‘68

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Lettera di Vera Michelin Salomon e Enrica Filippini Lera

Per augurarvi un buon #25aprile2020 vogliamo condividere con voi questa lettera, che ha trovato Massimo Sestili.

Noi vi suggeriamo di provare a leggere quella calligrafia tonda e regolare: vi aiuterà a “sentire” davvero i sentimenti con cui quelle lettere sono state scritte.
Ma leggere a schermo potrebbe essere difficile e così vi mettiamo anche la trascrizione.

Comando N.1 Special Force

Ringraziamo molto il Comando N.1 Special Force, per l’interessamento, l’aiuto, la simpatia dimostrateci. Siamo fiere e felici di avere lottato per la libertà della nostra Patria e per avere con questo mezzo contribuito, nella possibilità delle nostre forze, alla grande causa comune.
È difficile per uomini che hanno sempre vissuto in un mondo libero, comprendere quale sia stata la vita di una parte degli italiani in quest’ultimo ventennio. Abbiamo vissuto tanti anni tristi e duri, abbiamo visto cadere accanto a noi, o imprigionare, fratelli compagni di lotta. Abbiamo vissuto giorni di angoscia e di pericolo.
Ma, soprattutto, abbiamo sofferto la mancanza della luce della libertà e della verità.

Ora, questa libertà, l’abbiamo conquistata ed anche meritata. Il prezzo è stato duro: intorno a noi distruzioni morali e materiali.
Ma noi guardiamo all’avvenire con fede perché conosciamo le forze migliori del nostro Paese, perché conosciamo gli uomini e le donne che tutto hanno donato per la causa della libertà e tutto doneranno per l’opera grande di ricostruzione.

Ma noi conosciamo anche quali sono state le sofferenze ed i sacrifici del popolo inglese in questa guerra. Molti dei suoi soldati hanno lottato duramente sul nostro suolo contro il nemico comune, molti sono caduti. Noi ricorderemo tutto questo con commozione, riconoscenza e ammirazione.
Sappiamo che tocca a noi giovani cancellare, far dimenticare, quanto male il fascismo ha fatto agli altri popoli.

Che da tanta sofferenza comune nasca, per l’umanità, un nuovo giorno di fratellanza e di comprensione reciproca e che il nostro Paese possa contribuire con il suo lavoro e la sua intelligenza per la vita di un nuovo mondo libero e felice.

Milano 29 sett. 1945

Enrica Filippini-Lera
Vera Michelin-Salomon

#raccontiamolaresistenza

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Biografie di Vera Michelin Salomon e Enrica Filippini Lera

Vera Michelin-Salomon, nata a Carema il 4 novembre 1923, faceva parte di una numerosa famiglia di Torre Pellice, località dove aveva sempre vissuto una cospicua comunità protestante. I genitori, Giovanni e Elvezia Guarnoli, erano due ufficiali dell’Esercito della Salvezza. Negli anni del fascismo le attività dell’Esercito della Salvezza vennero sorvegliate, fino a essere represse definitivamente il 17 agosto 1940, quando il governo fascista inviò al confino a Ventotene alcuni suoi dirigenti, tra cui lo zio di Vera, Carmelo Lombardo.

Malgrado le difficoltà economiche, Vera riuscì ad ultimare gli studi e si diplomò in ragioneria. Nel 1941 si trasferì a Roma dove viveva il cugino Paolo Buffa. Trovò un lavoro come segretaria presso la scuola “Colomba Antonietti” in Piazza Farnese e, dopo alcuni mesi di permanenza al Foyer di via Balbo, si trasferì in via Buonarroti 29, ospite di Enrica Filippini Lera, già fidanzata con Paolo Buffa.

Enrica Filippini Lera, nata a Roma il 27 luglio 1914, apparteneva ad una famiglia nobile. I Filippini erano originari di San Maurizio d’Opaglio, mentre i Lera erano di Roma, dove vivevano in una bellissima villa a via del Casaletto. La madre, Antonietta Azzoni, suonava il pianoforte, passione che aveva trasmesso a Enrica.

In via Buonarroti nacque, tra Enrica e Vera, un’amicizia e una solidarietà che le accompagnò per l’intera vita. Insieme entrarono in contatto con l’ambiente antifascista romano. Ai concerti all’Augusteo conobbero Vittoria Giunti, Lucio Lombardo Radice, Aldo Natoli, Salvatore Di Benedetto, Paolo Petrucci. Frequentarono la casa di Fortunato Pintor, dove incontrarono Giaime e Luigi Pintor, e quella di Giuseppe Lombardo Radice, dove conobbero Laura, sorella di Lucio.

Il gruppo antifascista dei ragazzi di via Buonarroti, formato da Paolo Buffa, Enrica Filippini Lera, Paolo Petrucci e Vera Michelin Salomon, era già operativo quando con la battaglia di Porta San Paolo iniziò la Resistenza. Cornelio, fratello di Vera, li raggiunse clandestinamente a Roma a dicembre perché renitente alla leva della RSI.

Enrica e Vera diedero il loro contributo alla Resistenza lavorando tra gli studenti. Con l’occupazione nazista l’attività clandestina tra il dicembre del ’43 e il gennaio del ’44 si intensificò, e le due ragazze erano particolarmente impegnate nei volantinaggi, nella distribuzione della stampa del Partito Comunista e nell’organizzazione delle lotte studentesche.

Il 16 gennaio 1944 Paolo Buffa e Paolo Petrucci, che il 12 settembre avevano attraversato le linee verso il Sud liberato, rientrarono a Roma con la missione Abercorn come agenti N1 Special Force e si rifugiarono a via Buonarroti. Enrica e Vera, insieme agli altri tre ragazzi, parteciparono a numerose azioni nei licei romani e durante un’azione al Liceo Cavour Vera venne individuata e segnalata.

Il 14 febbraio 1944 le SS, guidate da Federico Scarpato, fecero irruzione nell’appartamento di via Buonarroti e arrestarono tutto il gruppo. Quel cognome, Michelin-Salomon, probabilmente aveva fatto sentire a Scarpato odore di ebrei e quindi di soldi: pensava di poter intascare la taglia di cinquemila lire che il comando tedesco pagava per ogni ebreo fatto arrestare.

I cinque ragazzi vennero arrestati e trasferiti, prima nel carcere nazista di via Tasso e, successivamente, nel Terzo braccio tedesco di Regina Coeli in attesa del processo che si svolgerà il 22 marzo 1944 in via Lucullo, sede del Feldgericht. Enrica e Vera si addossarono tutta la responsabilità e vennero condannate a tre anni di carcere duro in Germania, mentre i tre ragazzi vennero dichiarati “liberi per mancanza di prove sufficienti”. Tuttavia Paolo Petrucci il 24 marzo verrà fucilato nella strage delle Fosse Ardeatine.

Enrica e Vera vennero prelevate da Regina Coeli la mattina del 24 aprile 1944 per il loro lungo viaggio verso l’ignoto, che poi si rivelerà essere il carcere femminile di Aichach. Era con loro anche Filomena Lina Trozzi. Il 28 aprile, dopo quattro giorni di viaggio e un pernottamento al KL Dachau, le tre ragazze arrivarono a Monaco e vennero internate nel carcere di Stadelheim per venire poi trasferite al Frauen Zuchthaus di Aichach, loro definitiva destinazione, dove incontrarono Elettra Pollastrini, nel dopoguerra eletta all’Assemblea Costituente.

Ricorda Vera:

“A Stadelheim siamo rimaste un mese e poi siamo andate al Frauen Zuchthaus di Aichach che era la nostra destinazione. Questo era un carcere tipo Regina Coeli, però più moderno, pulito, non c’erano le cimici. Noi italiane eravamo nelle celle sopra la rotonda, dove c’era la sorvegliante in capo, era tutto molto più organizzato. Anche lì dovevamo lavorare, facevamo le ghette che si mettevano sopra gli scarponi perché non entrasse la neve. Dovevamo attaccare le fibbie per allacciarle, ci avevano insegnato questo punto del calzolaio e stavamo tutto il giorno sedute a lavorare dall’alba al tramonto meno la domenica. Avremmo potuto dopo qualche mese avere dei libri ma erano in tedesco, ho trovato un solo libro in francese di Pierre Loti. Mangiavamo con la dieta dei campi, l’ho confrontata, era identica: zuppe di rape senza nessuna sostanza, una brodaglia nera con un pezzo di pane nero duro. Eravamo al freddo e il lavoro era sedentario, con i campi c’era questa enorme differenza, però il regime era lo stesso duro. Indossavamo un vestito di cotone leggero e gli zoccoli. Per me iniziò il lavoro in campagna, mi mandarono a raccogliere prima le patate e poi le barbabietole da zucchero. Ci aveva assoldato una birreria di un paese vicino e il mangiare era migliore: gli italiani commuovevano, c’era il Papa, Roma. Raccoglievo le patate che poi dovevo caricare sul camion, ma non avevo la forza per sollevarle e i prigionieri francesi mi aiutavano: loro erano molto più rispettati. La sera rientravamo nel carcere di questo paese; c’erano i prigionieri alleati che vedevamo passare per le scale e la direttrice, al fine di non farci comunicare con loro, si metteva davanti all’inferriata con braccia e gambe aperte. Lì ho dormito con una turca, una da capo e una da piedi, ci siamo scambiate tanti sorrisi ma niente parole. L’unica persona con cui ho comunicato. Poi mi mandarono in una cascina vecchia e cadente, un freddo, e lì si trattava di tirar fuori le barbabietole da zucchero con un tridente che veniva conficcato nel terreno e poi si caricavano sui camion. Una fatica immane. Per fortuna quando sono tornata a Aichach sono stata messa nella mia cella con Enrica. E lì siamo state tutto il tempo insieme: con noi c’era una vecchietta, a noi sembrava vecchietta ma forse aveva 50 anni, era la madre di una partigiana, hanno preso lei e il marito al posto della figlia. E lei ha dato i numeri poverina, piangeva sempre, diceva non torneremo mai, non ci libereranno mai, era una situazione veramente pesante”.

Il 29 aprile 1945 arrivarono ad Aichach gli americani e liberarono le prigioniere. Il tenente Paul Barton N.1 Special Force, alias Paolo Buffa, partì per la Germania per andare a prendere Enrica e Vera. Rientrarono in Italia insieme il 2 giugno.

Enrica Filippini Lera ci ha lasciati il 1° febbraio del 2016, all’età di 102 anni. Quel giorno a Modena eravamo tutti insieme, con Vera che ci dava la forza di ricordare.

Vera Michelin Salomon ci ha lasciati il 27 ottobre del 2019, all’età di 96 anni. Ero andato a trovarla a Lucca a primavera. Con lei se n’è andata una madre, una maestra, una “militante della memoria”.

(Scheda a cura di Massimo Sestili)

Riferimento bibliografico:
M. Sestili, I ragazzi di via Buonarroti. Una storia della Resistenza, Cava de’ Tirreni, Marlin, 2015, 2016.

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Le fontane dei GAP durante l’occupazione nazifascista

Oggi #RaccontiamolaResistenza a Roma attraverso le fontane dei GAP. Molti luoghi storici di Roma diventarono, nei mesi dell’occupazione tedesca, sedi in cui avvenivano incontri clandestini. Alcune fontane monumentali, in particolare, furono scelte come punti di incontro dai GAP romani. Massimo Sestili le ha individuate, insieme a Mario Fiorentini (“Sette mesi di guerriglia urbana”, Odradek, 2015) e ci conduce, in questo percorso che coniuga la storia romana con quella della resistenza, alla loro scoperta.

A Piazza Trilussa davanti alla Fontana dell’Acqua Paola, meglio conosciuta come il Fontanone di Ponte Sisto fatto costruire da papa Paolo V Borghese nel 1613, si riunirono nel mese di ottobre del 1943, Carlo Salinari, Giulio Cortini, Danilo Nicli e Mario Fiorentini, e costituirono i GAP Centrali. Il primo GAP centrale è stato l’Antonio Gramsci, comandato da Mario Fiorentini, ‘Giovanni’, in coppia con Lucia Ottobrini, ‘Maria’. Da quel momento i Gap di Zona, comandati da Carlo Salinari, e i GAP Centrali, comandati da Antonello Trombadori, operarono separatamente, anche se per alcune azioni particolarmente difficili collaborarono, come nelle azioni di via Giulio Cesare e di via Rasella.  Sia i GAP di Zona che i GAP Centrali facevano parte dell’organizzazione militare del PCI.

LA FONTANA DI PIAZZA MAZZINI

Progettata dall’architetto paesaggista Raffaele De Vico con la collaborazione di Ermenegildo Luppi per le parti scultoree, la costruzione della fontana giardino iniziò nel 1927 e durò all’incirca tre anni. Posizionata più in basso rispetto al piano stradale vi si accede da quattro entrate attraverso delle scale. Per ogni entrata c’è una colonna decorata con il fascio littorio alla cui sommità si trova un’aquila. Alla base delle colonne compaiono le scritte: Honor, Imperium, Virus. La piscina centrale, di forma ottagonale, è alimentata da lunghi pesci che emettono zampilli di acqua.

L’8 novembre 1943, davanti la Fontana di Piazza Mazzini, si incontrano Maria Teresa Regard (Piera) e Franco Calamandrei (Cola), per formare il GAP Centrale “Gastone Sozzi” di cui Cola è il comandante.

LA FONTANA DELLE API IN VIA VENETO E LA FONTANA DEL TRITONE A PIAZZA BARBERINI

La  Fontana delle Api, posta all’angolo tra Piazza Abeberini e via Veneto, è stata commissionata a Gian Lorenzo Bernini da papa Urbano VII Barberini il 6 aprile 1644. Le Api sono le stemma dei Barberini.  La Fontana del Tritone sempre su commissione di Urbano VII venne realizzata da Bernini tra il 1642 e il 1643. Le due Fontane dovevano completare l’abbellimento della Piazza antistante il palazzo dei Barberini.

L’11 dicembre 1943, Giovanni (Mario Fiorentini) ed Elena (Carla Capponi) sostano davanti alla Fontana delle Api tenendosi per mano con il tipico atteggiamento di due innamorati. Il loro obiettivo erano i soldati della wehrmacht che uscivano dal Cinema Barberini.

 La Fontana del Tritone a Piazza Barberini è testimone del drammatico episodio. Giovanni decide di attaccare con uno spezzone di bomba ma, arrivato al centro della piazza cade dalla bicicletta. Fortunatamente i soldati tedeschi vedono cadere Giovanni in terra ma non si rendono conto di quanto sta accadendo. Giovanni si rialza, raccoglie lo ‘spezzone’ e fugge in bicicletta per via del Tritone.

LA FONTANA DELLE TARTARUGHE A PIAZZA MATTEI

La Fontana delle Tartarughe, collocata al centro di piazza Mattei, nel quartiere ebraico, è stata progettata tra il 1581 ed il 1588 da Giacomo della Porta. Le sculture dei quattro efebi sovrastanti i delfini sono di Taddeo Landini. Le quattro tartarughe sono state aggiunte nel 1658-59, durante il restauro voluto da papa Alessandro VII e sono state attribuite a Gian Lorenzo Bernini.

Il 22 gennaio 1944 gli alleati sbarcano ad Anzio-Nettuno. La mattina del 23 gennaio sono presenti intorno alla Fontana delle Tartarughe i gappisti Giacomo (Antonello Trombadori), Maria (Lucia Ottobrini), Giovanni (Mario Fiorentini) e Giuseppe Felici.

Scopo dell’incontro era lo studio delle vie del quartiere per eventuali azioni di difesa del Ghetto. I tedeschi erano impegnati sul fronte di Anzio e non ci fu bisogno di un loro intervento. Comunque gli ebrei continuarono ad essere arrestati in altri quartieri di Roma.

LA FONTANA DEI QUATTRO FIUMI A PIAZZA NAVONA

Progettata da Gian Lorenzo Bernini e realizzata tra luglio 1648 e giugno 1651 su commissione di papa Innocenzo X Pamphili. I quattro giganti di marmo rappresentano il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata.

Dopo la riunione davanti alla Fontana delle Tartarughe, Giovanni e Maria si incontrano con Giorgio Labò presso la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona per studiare dei piani d’attacco contro i nazifascisti. Mario Fiorentini e Giorgio Labò, in previsione della liberazione di Roma, predispongono un piano per trasferirsi in Liguria con una macchina privata. Una settimana dopo, il 1 febbraio 1944, Giorgio Labò viene arrestato in via Giulia dai nazisti.

LA FONTANA DEI QUIRITI A PIAZZA DEI QUIRITI

Progettata e realizzata dallo scultore Attilio Selva tra il 1926 e il 1928, è conosciuta anche come Fontana delle Cariatidi, quattro figure femminili nude che sorreggono il catino superiore sormontato da una pigna da cui esce uno zampillo d’acqua. Il progetto di Selva per via dei nudi femminili suscitò numerose polemiche.

3 marzo 1944. A Viale Giulio Cesare un tedesco uccide Teresa Gullace. I GAP al gran completo si aggirano intorno alla Fontana dei Quiriti in attesa di attaccare la caserma. Maria (Lucia Ottobrini) e Giovanni (Mario Fiorentini) hanno il compito di disarmare la sentinella che è di guardia all’ingresso della caserma. Maria nello zainetto custodisce una bomba e una rivoltella per sé e una bomba e una rivoltella per Giovanni. Al loro fianco, armato, il giovane messinese Alfredo Orecchio. Nel trambusto generale Carla Capponi e Marisa Musu vengono arrestate e Carlo Salinari, comandante dei GAP, sospende l’azione. I GAP attaccheranno nel primo pomeriggio uccidendo due soldati.

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Pietre d'inciampo della famiglia Terracina | piazza Rosolino Pio

Racconti resistenti | La schiena della morte

di Nina Quarenghi

7 aprile 1944. Dopo sette mesi di occupazione, Roma “città aperta” è chiusa nella morsa della fame e della paura. La primavera porta la sua luce, ma, proprio come nei giorni che stiamo vivendo ora, in cui la vita e la libertà negate bloccano la possibilità di partecipare al risveglio della natura, permangono buio e terrore nella popolazione, in particolare in chi si nasconde dalla ferocia nazifascista: nelle cantine e nelle soffitte, nei cinema parrocchiali o dentro le catacombe, nelle case private, nei conventi, si nascondono gli ebrei romani, scampati alla razzia del 16 ottobre e dai rastrellamenti delle settimane successive, e insieme a loro i soldati che si rifiutano di combattere per la Repubblica di Salò, gli uomini che temono di essere mandati ai lavori forzati nelle terre del Reich e i combattenti della Resistenza, che lottano clandestinamente per scacciare quanto prima gli occupanti. Chi non si nasconde si prende cura dei rifugiati: li protegge, li sostiene, li rifocilla pur nella penuria di cibo. Si diceva allora: “Metà Roma nasconde l’altra metà”. È un’azione di Resistenza civile poderosa, fatta di gesti semplici, che possono costare la vita. 

Succedeva anche nel quartiere di Monteverde, dove è ambientato questo racconto, che inaugura la sezione #raccontiresistenti. In queste righe si intrecciano due storie realmente accadute: quella di un capitano rifugiato, che scamperà alla cattura dei nazifascisti a Roma, ma, unitosi agli Alleati dopo il 4 giugno, morirà il 21 aprile 1945 durante la liberazione di Bologna, e quella degli otto componenti della famiglia Terracina, assassinata ad Auschwitz – ad eccezione di Piero, unico sopravvissuto – che venne catturata quella sera di aprile, settantasei anni fa.

Nina Quarenghi, La schiena della morte, tratto dalla raccolta di racconti Capita a Monteverde, Arkadia Editore.

 


Immagine in evidenza: Pietre d'inciampo della famiglia Terracina | piazza Rosolino Pio
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