Pubblichiamo la registrazione del webinar del 27 ottobre scorso organizzato dall’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri”, dall’Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza e dal Deutsches Historisches Institut in Rom con la collaborazione della Fondazione Cariplo.
Introduzione
Lucia Ceci
Interventi di
Flaminia Bartolini Architetture e memoria del fascismo: Eur e Foro Italico da luoghi di rimozioni a beni culturali
Carmen Belmonte Il dibattito sull’arte del Ventennio fascista negli anni Ottanta: ricerca, mostre e restauri
Annalisa Capristo Intellettuali e scienziati all’ombra del duce e intitolazioni postbelliche
Giorgio Lucaroni «Spianata informe e sgobbata». Storia di una via tra politica, urbanistica e dibattito pubblico nell’Italia repubblicana
Tavola rotonda
Interventi di
Paolo Nicoloso, Lidia Piccioni, Leonardo Rapone, Igiaba Scego
Modera
Lutz Klinkhammer
Presto on-line
Questa iniziativa dell’Istituto nazionale “Ferruccio Parri” di celebrare il 75° anniversario della Liberazione coinvolgendo tutti gli istituti della rete – nonostante le condizioni eccezionali che stiamo vivendo – mi ha fatto tornare alla mente le celebrazioni del 2005, in cui vennero organizzate conferenze nelle principali città, seguendo da sud a nord, come recitava il titolo, “Il percorso della Libertà”, che si concludeva a Milano con un appassionato intervento dell’allora presidente dell’INSMLI, Oscar Luigi Scalfaro, davanti a una vastissima platea di studenti.
Roma, il cui status di “città aperta” non fu rispettato né dai tedeschi né dagli Alleati, dopo l’armistizio non fu solo occupata dai tedeschi come quasi tutto il resto del territorio nazionale, ma perse anche il ruolo di Capitale e ogni riferimento istituzionale con la fuga del re e del governo a Brindisi, lasciando senza difesa la città, ove solo gruppi di civili e di militari si opposero valorosamente alle truppe tedesche. Né operavano più nella città i ministeri e gli enti pubblici, simbolo del potere centrale e della Roma impiegatizia, ridotti a uffici stralcio degli organi di governo trasferiti e dislocati in varie città del nord: funzionari e impiegati furono sottoposti all’invito pressante, poi minaccioso – in parte non eseguito – di trasferirsi al nord. Assunse un ruolo importante l’ufficio politico affidato nel gennaio 1944 al questore Pietro Caruso, proveniente dalla Milizia, mentre imperversavano nella città la banda Koch e la banda Perrone, che si distinsero per le persecuzioni ai romani, particolarmente agli ebrei, i quali già avevano subìto il dramma del rastrellamento del 16 ottobre, da parte degli occupanti, e la massiccia deportazione ad Auschwitz.
Numerosi furono gli interventi di resistenza armata, soprattutto ad opera dei GAP, anche se diverse furono le reazioni nei quartieri della città, studiati nel corso degli anni per le loro peculiarità, operazione necessaria anche per ricomporre un quadro d’insieme. Emersero anche forme molteplici di resistenza non armata. La comunità nel suo complesso conobbe le difficoltà degli approvvigionamenti, la fame e la borsa nera che, specie nei quartieri più poveri, determinarono l’assalto ai forni, ad opera soprattutto delle donne. La presenza dei tedeschi creava uno stato diffuso di paura, acuito dal coprifuoco, dal rischio effettivo delle delazioni per quanti nascondevano in casa un ebreo, un renitente alla leva o un militare, dai frequenti bombardamenti degli Alleati, dalla snervante attesa del loro ingresso nella città, incautamente ritenuto prossimo subito dopo lo sbarco di Anzio. Il nome di via Tasso suscita ancora una percezione di terrore nei romani di età più avanzata.
Gran parte della popolazione, e non solo i cattolici, trovava un punto di riferimento nel papa, o meglio nel vescovo di Roma. La presenza del Vaticano e di molti edifici pontifici disseminati nella città contribuiva a difendere dai bombardamenti, ma esisteva anche una rete di assistenza e accoglienza – per quanti temevano per la loro vita a causa dell’appartenenza “razziale”, o per ragioni civili e politiche – che era offerta dai numerosi conventi e istituti religiosi presenti nella città. Il comportamento del papa – dai contemporanei percepito come protettivo, ma non esente da ambiguità come è emerso dalla storiografia successiva – potrà essere ulteriormente approfondito ora che sono stati aperti al pubblico gli archivi del suo pontificato, anche se è già nota una serie di documenti della S. Sede sul periodo bellico. Pio XII mantenne relazioni diplomatiche con gli Alleati e con i tedeschi e si fece interprete di un’”imparzialità”, finalizzata ad evitare lo scontro armato per la liberazione della città. Anche alcuni dei partiti antifascisti del CLN, costituito il 9 settembre, erano contrari allo scontro, mentre i partiti di sinistra avevano subìto gravi e numerosi arresti negli ultimi mesi. Inoltre poteva costituire un freno anche il drammatico epilogo alle Fosse Ardeatine dell’attentato di via Rasella.
A Roma, dunque, venne intrapresa un’attività politica tesa al recupero del suo ruolo di Capitale su nuove basi democratiche e istituzionali, accompagnata da una diffusa stampa clandestina. Il CLN centrale chiese, in un ordine del giorno del 16 ottobre, la costituzione di un nuovo governo espresso dalle forze antifasciste, che doveva assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato, condurre la guerra a fianco degli Alleati e convocare, dopo la Liberazione, un’Assemblea costituente per decidere la forma istituzionale dello Stato. Non è qui il caso di ripercorrere questo cammino, segnato dal congresso di Bari e dalla “svolta di Salerno”. Dalla situazione che ne seguì il re nominò, al momento della Liberazione della città, luogotenente del Regno il figlio Umberto, che entrò nella Capitale al seguito degli Alleati, pensando forse di salvare così la monarchia. Ma il governo Bonomi, subito instaurato con i sei partiti antifascisti, ricevette l’investitura dal CLN centrale e non dal luogotenente, segno evidente della volontà di rottura della continuità istituzionale, e con la prima “Costituzione provvisoria” del 25 giugno, riprendendo i punti del citato ordine del giorno, avviò il percorso che porterà alla Costituente.
Un ulteriore aspetto, infine, è stato di recente affrontato dall’ampia e approfondita ricerca sulla liberazione di Roma di Gabriele Ranzato, che analizza a fondo anche le ragioni della “mancata insurrezione” e ripercorre puntualmente ogni aspetto della Resistenza romana. Ranzato colloca l’analisi dei nove mesi di occupazione nel contesto generale della guerra, evidenziando anche le divergenze tra inglesi e americani sulla conduzione delle operazioni, l’inefficienza dei servizi segreti, la scarsa comunicazione tra gli Alleati e la Resistenza romana e le ragioni della reciproca incomprensione, l’obiettivo degli americani di liberare la prima Capitale dell’Asse in anticipo rispetto allo sbarco in Normandia e la volontà del generale Clark di entrare, come liberatore, a Roma.
Immagine in evidenza: rielaborazione grafica a cura di Andrea Sangiovanni di uno stralcio di lettera scritta da Enrica Filippini Lera e Vera Michelin Salomon al Comando n. 1 Special Force il 29 settembre 1945, conservata presso The National Archives (Londra).
Mentre le regioni del nord Italia si stavano liberando in armi, altri italiani erano costretti a subire ancora le vendette naziste: penso a Treuenbrietzen, dove 127 soldati italiani furono falciati dai tedeschi in fuga. O ai più di cento impiccati a Hildesheim a fine marzo. O ancora alle decine fucilate a Bad Gandersheim.
Aspettando il #25aprile2020, #raccontiamolaresistenza anche delle centinaia di migliaia di soldati e ufficiali che a lungo non hanno avuto un racconto: quella categoria degli schiavi di Hitler denominati Internati militari italiani. È ancora necessario parlarne perché, se pure compresi nella legge istitutiva del giorno della memoria ancora la loro vicenda non è pienamente riconosciuta: basta pensare al processo di risarcimento intentato da alcuni ex IMI contro la Germania e che ha visto il nostro Stato schierarsi con quest’ultima contro le loro ragioni.
Nei Lager il loro No alla Rsi e ai nazisti è stata una Resistenza a tutto tondo e nell’internamento, nella maturazione imposta dalle dure condizioni determinata da quella scelta, possiamo anche trovare le basi di quella che sarà l’Italia democratica
La resistenza degli Internati Militari Italiani
Mentre le regioni del nord Italia si stavano liberando in armi, altri italiani erano costretti a subire ancora le vendette naziste: penso a Treuenbrietzen, dove 127 soldati italiani furono falciati dai tedeschi in fuga. O ai più di cento impiccati a Hildesheim a fine marzo. O ancora alle decine fucilate a Bad Gandersheim. Aspettando il #25aprile2020, #raccontiamolaresistenza anche delle centinaia di migliaia di soldati e ufficiali che a lungo non hanno avuto un racconto: quella categoria degli schiavi di Hitler denominati Internati militari italiani. È ancora necessario parlarne perché, se pure compresi nella legge istitutiva del giorno della memoria ancora la loro vicenda non è pienamente riconosciuta: basta pensare al processo di risarcimento intentato da alcuni ex IMI contro la Germania e che ha visto il nostro Stato schierarsi con quest’ultima contro le loro ragioni. Nei Lager il loro No alla Rsi e ai nazisti è stata una Resistenza a tutto tondo e nell’internamento, nella maturazione imposta dalle dure condizioni determinata da quella scelta, possiamo anche trovare le basi di quella che sarà l’Italia democratica(Agostino Bistarelli)
Pubblicato da Irsifar Roma resistente su Mercoledì 22 aprile 2020
Immagine in evidenza: fotogramma tratto da http://www.imidoc.net/it/
7 aprile 1944. Dopo sette mesi di occupazione, Roma “città aperta” è chiusa nella morsa della fame e della paura. La primavera porta la sua luce, ma, proprio come nei giorni che stiamo vivendo ora, in cui la vita e la libertà negate bloccano la possibilità di partecipare al risveglio della natura, permangono buio e terrore nella popolazione, in particolare in chi si nasconde dalla ferocia nazifascista: nelle cantine e nelle soffitte, nei cinema parrocchiali o dentro le catacombe, nelle case private, nei conventi, si nascondono gli ebrei romani, scampati alla razzia del 16 ottobre e dai rastrellamenti delle settimane successive, e insieme a loro i soldati che si rifiutano di combattere per la Repubblica di Salò, gli uomini che temono di essere mandati ai lavori forzati nelle terre del Reich e i combattenti della Resistenza, che lottano clandestinamente per scacciare quanto prima gli occupanti. Chi non si nasconde si prende cura dei rifugiati: li protegge, li sostiene, li rifocilla pur nella penuria di cibo. Si diceva allora: “Metà Roma nasconde l’altra metà”. È un’azione di Resistenza civile poderosa, fatta di gesti semplici, che possono costare la vita.
Succedeva anche nel quartiere di Monteverde, dove è ambientato questo racconto, che inaugura la sezione #raccontiresistenti. In queste righe si intrecciano due storie realmente accadute: quella di un capitano rifugiato, che scamperà alla cattura dei nazifascisti a Roma, ma, unitosi agli Alleati dopo il 4 giugno, morirà il 21 aprile 1945 durante la liberazione di Bologna, e quella degli otto componenti della famiglia Terracina, assassinata ad Auschwitz – ad eccezione di Piero, unico sopravvissuto – che venne catturata quella sera di aprile, settantasei anni fa.
Nina Quarenghi, La schiena della morte, tratto dalla raccolta di racconti Capita a Monteverde, Arkadia Editore.
Immagine in evidenza: Pietre d'inciampo della famiglia Terracina | piazza Rosolino Pio
Musica: Soft and Furious, Melancholic Ending in FreemusicArchive
Suoni:Joana Alvito, Steps, in FreesoundArchive
Sinatra314, Footsteps on stair, in FreesoundArchive
Jberkuta14, Truck Driving, in FreesoundArchive
Dal 1938 al 1943 le leggi razziali, che colpirono la minoranza ebraica in ogni aspetto della vita pubblica, furono applicate con particolare tenacia al mondo della scuola. In questo laboratorio scopriremo, attraverso l’analisi di documenti originali e testimonianze orali, cosa significò, per studenti e insegnanti, essere esclusi dalle aule scolastiche. Il laboratorio è organizzato in collaborazione con la Biblioteca del Ministero dell’Istruzione, dell’Università della Ricerca.
Durata: due ore
Sede: Biblioteca del MIUR, Viale Trastevere, 76, Roma
Costo: offerta libera
Prenotazione: scrivere a irsifar@libero.it, indicando istituto, classe, numero degli alunni.
Il laboratorio è stato sospeso a causa della pandemia Covid-19.
Indice
RUGGERO ZANGRANDI: UN VIAGGIO NEL NOVECENTO
Prospettive di ricerca
Dal premio “Nicola Gallerano”
La scuola e la storia