Anche quest’anno l’installazione delle Pietre d’inciampo di Gunter Demnig segneranno il nostro cammino.
Roma ricorda le storie di uomini e donne, bambini e bambine vittime di una delle pagine più tragiche della Storia del Novecento.
Inciampiamo nella memoria!
Appuntamento sui luoghi segnati sulla pianta. Portiamo ragazzi e ragazze a scoprire queste storie!
per richieste irsifar@libero.it
L’IRSIFAR invita a partecipare al seminario Non di sola carta. Prendersi cura degli archivi orali che si svolgerà on-line martedì 27 ottobre, ore 10-13, in occasione della Giornata mondiale per il patrimonio audiovisivo istituita dall’UNESCO.
L’incontro è legato al Censimento degli archivi sonori e audiovisivi nella rete degli istituti della Resistenza, un progetto nato dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale Parri e l’Associazione Italiana di Storia Orale e curato da Irene Bolzon, Igor Pizzirusso, Elisa Salvalaggio e Sara Zanisi, al quale ha aderito anche il nostro Istituto, con cura di Francesca Socrate e Giulia Zitelli Conti.
Non di sola carta. Prendersi cura degli archivi orali
Programma
10.00 – Apertura dei lavori e saluti di Carlo Birrozzi, Direttore ICBSA
10.15-11.15 – La digitalizzazione degli archivi orali in Italia: un intervento urgente e indifferibile
Introduzione di Alessandro Casellato (AISO – Università Ca’ Foscari Venezia)
Interventi di Paolo Masini (Presidente Museo dell’Emigrazione Italiana), Laura Moro (Dirigente Generale Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale – Digital Library), Valdo Spini (Presidente Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane)
Intermezzo e pausa: in ascolto
11.30-12.00 – Perché un “Vademecum per il trattamento delle fonti orali”
Interventi di Silvia Calamai (AISV – Università di Siena), Maria Francesca Stamuli (Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana)
12 – Interventi e domande dei partecipanti e del pubblico collegato
13 – Chiusura dei lavori
Il seminario si svolgerà on line, su piattaforma zoom fornita dall’ICBSA, al seguente indirizzo:
https://zoom.us/j/6113429448?pwd=dkFYMkt5OUJ5TE1LV0FiazdBeXVWUT09
ID riunione: 611 342 9448
Passcode: 5YNcfS
Il seminario è promosso da:
Associazione Italiana Storia Orale, Associazione Italiana Scienze della Voce, Associazione Nazionale Archivistica Italiana, Istituto Centrale per gli Archivi, Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le informazioni bibliografiche, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Istituto nazionale Ferruccio Parri-Rete degli istituti di storia della Resistenza e dell’età contemporanea, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”, Fondazione ISEC, Istituto di Linguistica Computazionale “A. Zampolli” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, CLARIN Italia, Centro di Sonologia Computazionale dell’Università degli Studi di Padova, Direzione Generale Archivi, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta, Università degli Studi di Siena, Università di Venezia Ca’ Foscari
con la partecipazione di:
Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane, Fondazione G. Di Vittorio – Coordinamento nazionale biblioteche e archivi della CGIL, Museo storico della Liberazione di Via Tasso
Come si arrivò allo scoppio della Rivoluzione del Sessantotto?
IRSIFAR propone, agli insegnanti e agli studenti, un video nel quale, a partire dall’analisi della canzone “Che colpa abbiamo noi” (Rokes, 1966), si cerca di dare una risposta a questo interrogativo.
Ovviamente si tratta di uno spunto di riflessione, che tocca in modo superficiale la complessità dell’argomento. Per approfondirlo vi invitiamo a
Note di storia | "Che colpa abbiamo noi". Giovani e musica verso il Sessantotto 🎹Come si arrivò allo scoppio della Rivoluzione del Sessantotto?IRSIFAR propone, agli insegnanti e agli studenti, un video nel quale, a partire dall'analisi della canzone "Che colpa abbiamo noi" (Rokes, 1966), si cerca di dare una risposta a questo interrogativo.Ovviamente si tratta di uno spunto di riflessione, che tocca in modo superficiale la complessità dell'argomento. Per approfondirlo vi invitiamo a- visitare, nel nostro sito, la mostra "Sessantotto di carta" https://www.irsifar.it/2018/03/10/il-68-di-carta-le-parole-le-idee-e-le-speranza-di-quellanno-nellarchivio-memoria-di-carta/- leggere questi libri:Banti, Wonderland, Laterza, Roma-Bari, 2017;Cavallo, Iaccio (a cura di), Penso che un sogno così non ritorni mai più. L’Italia del miracolo tra storia, cinema, musica e televisione, Liguori, Napoli, 2016;Fasce, La musica nel tempo. Una storia dei Beatles, Einaudi, Torino, 2018;Giachetti, Anni Sessanta, comincia la danza, BFS, Pisa, 2002.- scoprire i documenti del ricchissimo fondo "Memorie di carta" dell'Archivio IRSIFAR https://www.irsifar.it/archivio/
Pubblicato da Irsifar Roma resistente su Mercoledì 20 maggio 2020
Una passeggiata attraverso Ostiense e Testaccio, tra storia e memoria leggendo targhe e ascoltando i ricordi di chi ha combattuto per la liberazione di Roma sopportando fame e miseria. Interrogando i luoghi, essi parlano ancora per noi.
Credits foto: R. Lucignani e autori vari “Testaccio dove batte più forte er cuore dei romani”, Gangemi, Roma 2009
Credits musica: “Roma città persa” testo e musica di Ludovica Valori ed esecuzione dal vivo dei “Traindeville”
Bibliografia:
I.Ranaldi, Testaccio da quartiere operaio a village della capitale”, Franco Angeli, Milano, 2012
Asor Rosa, L’alba di un mondo nuovo, Einaudi, Torino, 2002
Irsifar, Roma durante l’occupazione nazifascista, Franco Angeli, Milano, 2009 (le due storie di vita citate, sono pubblicate qui a mia cura nel capitolo “Testaccio”)
Katz, Roma città aperta, Il Saggiatore, Milano, 2003,
C.M. Travaglini, Un patrimonio urbano tra memoria e progetti. Roma. L’area Ostiense-Testaccio, Catalogo della mostra, Croma, Roma, 2004
Dopo lo sbarco di Anzio del 22 gennaio 1944 la prospettiva insurrezionale sembra vicina.
In questo clima di speranza le iniziative contro gli occupanti acquistano nuova spinta: il 29 gennaio uno sciopero generale, indetto dalle organizzazioni antifasciste romane, è finalizzato a bloccare ogni attività didattica.
Davanti al liceo “Dante Alighieri” di Via Ennio Quirino Visconti, in Prati, un gruppo di studenti capeggiato da Vincenzo Lapiccirella, Carlo Lizzani e Massimo Gizzio inizia una manifestazione.
Secondo la testimonianza rilasciata a Cesare De Simone da Marisa Gizzio, il fratello Massimo studente di legge di 18 anni e mezzo, nel corso di quella giornata viene colpito alle spalle dai militi fascisti di “Onore e combattimento”. Morirà in ospedale alcuni giorni dopo. (Roma città prigioniera. I 271 giorni dell’occupazione nazista 8 settembre ’43 – 4 giugno ’44, Mursia 1944, p. 77).
Alla manifestazione del “Dante” e alla morte di Gizzio è ispirato un brano tratto dal romanzo di Anna Balzarro Un anno a giugno, in uscita con dei Merangoli Editrice che potete ascoltare qui.
di Eva Masini
Le origini del movimento Scintilla e il contributo del corpo della Guardia di finanza alla Resistenza romana. Il comando del V Gap e il territorio come retrovia organizzativa di azioni partigiane. Guardare all’opposizione al nazifascismo dall’angolazione di un quartiere di ceto medio nato nel cuore degli anni del regime fascista e, più o meno intimamente, identificato con esso.
Bibliografia di riferimento
Strazzera Perniciani, Umanità ed eroismo nella vita segreta di Regina Coeli, Roma, Azienda libreria Amato, 1950.
Masini, Piazza Bologna. Alle origini di un quartiere “borghese”,Milano, Franco Angeli, 2009.
Masini, Occupazione e Resistenza in un quartiere di ceto medio, in IRSIFAR (a cura di), Roma durante l’occupazione nazifascista, Milano, Franco Angeli, 2009.
Raponi, Scintilla nella Resistenza romana, Roma, Edizioni Associate, 2010.
Mogavero, I muri ancora ricordano… Epigrafi, monumenti e memorie della guerra e della Resistenza a Roma (1924-1945), Bolsena, Massari editore, 2016.
Immagine in evidenza: Il palazzo postale di Ridolfi in costruzione.
Immagine nel testo: La caserma Piave in viale XXI aprile, dopo il bombardamento del 10 marzo 1944.
Tra le partigiane romane merita un ricordo Maria Michetti per la sua Resistenza “di genere”.
Nata nel 1922, di famiglia borghese non fascista, dal 1936 è studentessa del Liceo Visconti dove alcuni suoi autorevoli professori, che pure portano il distintivo del partito, sono contrari al regime e contribuiscono alla sua formazione critica.
Maria ha la sua prima, netta presa di coscienza, quando nel 1938 vede scomparire dalla sua classe alcuni compagni ebrei per effetto delle leggi razziali.
Nel 1940 con l’entrata in guerra dell’Italia in lei crescono l’avversione al fascismo e la volontà di fare qualcosa “contro”, che trova uno sbocco nel contatto con alcuni militanti del partito comunista. La diffusione del foglio clandestino de “l’Unità” è la prima attività antifascista di Maria, che la porta poi nei nove mesi dell’occupazione nazista alla partecipazione alla Resistenza, inserita in una delle zone nelle quali Roma è stata divisa dall’organizzazione comunista. La sua comprende Trastevere e vaste zone limitrofe. Maria ha il ruolo di staffetta e tutte le mattine va dall’abitazione di famiglia situata nella remota periferia del Casaletto , zona Portuense , fino al centralissimo Borgo dove il responsabile cittadino del partito ha una base segreta. Maria va a prendere notizie, ordini, che poi deve trasmettere attraverso una serie di appuntamenti con altre ed altri partigiani in vari luoghi della città. L’altro suo compito è quello di fare il “lavoro di massa” tra le donne di Trastevere, in particolare le operaie del tabacchificio di Piazza Mastai, poi di Trionfale, della Magliana per sollecitare forme di opposizione ai nazifascisti.
Tra le donne Maria fa le prime prove della sua esperienza politica, partecipando con altre studentesse ad una vera e propria scuola di partito, tenuta dalla comunista Egle Gualdi, operaia carcerata e confinata, poi fuoriuscita in Francia e tornata a Roma dopo la caduta del regime. Maria impara da lei come scrivere un volantino, come parlare alle donne dei rioni, impara quali siano le regole da seguire nell’attività cospirativa ed in quella di massa.
Quando alla fine di marzo del ’44 le autorità occupanti naziste riducono la razione giornaliera pro capite di pane da 150 a 100 grammi e quando per reazione iniziano le prime spontanee manifestazioni di protesta davanti ai forni, le ragazze partigiane come Maria si impegnano affinché la protesta sia organizzata, abbia anche una valenza politica antinazista e antifascista. Per questo Maria racconterà di avere fatto, prima delle molte azioni contro i forni ed i magazzini di farina
nelle case, nelle cucine, nelle camere da letto moltissime piccole riunioni di donne, donne parenti, donne amiche tra loro, donne che si fidavano l’una dell’altra. Riunioni nelle quali potevano parlare e da questo piccolo gruppo traevano la forza di uscire di casa, di esporsi, agire, dimostrare la loro volontà di vita! Parole di donne, esperienze di donne, che lì hanno cominciato a parlare, che molto spesso, senza più uomini dentro la loro casa hanno cominciato ad acquistare il senso del proprio valore, la consapevolezza che la loro vita aveva un valore.
Dopo l’arrivo degli americani a Roma, il 4 giugno 1944, Maria continua il lavoro politico tra le donne romane nel partito comunista e nell’Unione donne italiane, l’UDI, fondata a settembre 1944 nell’Italia liberata come grande organizzazione di massa che possa abbracciare tutte le donne con la sola pregiudiziale dell’antifascismo, nello spirito del CLN.
Maria diventa una dirigente molto popolare nei rioni che ha instancabilmente percorso da partigiana ed anche nelle borgate come la Valle dell’Inferno alle prese con gli enormi disagi del dopoguerra.
La lente di ingrandimento sui quartieri consente di capire le tante realtà di cui è composta la Resistenza romana. Divisa in 8 zone partigiane, Roma vive più forme di opposizione all’occupante che vanno dalla resistenza armata, al lancio di chiodi a quattro punte lungo le principali vie di comunicazione che portano al fronte, o all’aiuto verso chi è costretto a nascondersi. Se questo è visibile in tutta la città, tuttavia è nei quartieri popolari che si colgono con particolare vivezza le molteplicità di aspetti che nascono, tra l’altro, dall’intreccio tra lotta organizzata e ribellione spontanea.
Ma la partecipazione alla resistenza lascia un segno anche nella fisionomia futura di quei quartieri.
Ancora oggi se ci inoltriamo per il Quadraro, quartiere della periferia sud-est della città a ridosso della via Tuscolana, ci accorgiamo che la Resistenza e il rastrellamento del 17 aprile del 1944, che costò la deportazione di diverse centinaia di uomini in campi di lavoro, hanno lasciato tracce indelebili.
Vignette di Vauro tratte dei cartoncini invito per il 59esimo e il 60esimo anniversario del rastrellamento del Quadraro (aprile 2003 / aprile 2004).