Questa iniziativa dell’Istituto nazionale “Ferruccio Parri” di celebrare il 75° anniversario della Liberazione coinvolgendo tutti gli istituti della rete – nonostante le condizioni eccezionali che stiamo vivendo – mi ha fatto tornare alla mente le celebrazioni del 2005, in cui vennero organizzate conferenze nelle principali città, seguendo da sud a nord, come recitava il titolo, “Il percorso della Libertà”, che si concludeva a Milano con un appassionato intervento dell’allora presidente dell’INSMLI, Oscar Luigi Scalfaro, davanti a una vastissima platea di studenti.
Roma, il cui status di “città aperta” non fu rispettato né dai tedeschi né dagli Alleati, dopo l’armistizio non fu solo occupata dai tedeschi come quasi tutto il resto del territorio nazionale, ma perse anche il ruolo di Capitale e ogni riferimento istituzionale con la fuga del re e del governo a Brindisi, lasciando senza difesa la città, ove solo gruppi di civili e di militari si opposero valorosamente alle truppe tedesche. Né operavano più nella città i ministeri e gli enti pubblici, simbolo del potere centrale e della Roma impiegatizia, ridotti a uffici stralcio degli organi di governo trasferiti e dislocati in varie città del nord: funzionari e impiegati furono sottoposti all’invito pressante, poi minaccioso – in parte non eseguito – di trasferirsi al nord. Assunse un ruolo importante l’ufficio politico affidato nel gennaio 1944 al questore Pietro Caruso, proveniente dalla Milizia, mentre imperversavano nella città la banda Koch e la banda Perrone, che si distinsero per le persecuzioni ai romani, particolarmente agli ebrei, i quali già avevano subìto il dramma del rastrellamento del 16 ottobre, da parte degli occupanti, e la massiccia deportazione ad Auschwitz.
Numerosi furono gli interventi di resistenza armata, soprattutto ad opera dei GAP, anche se diverse furono le reazioni nei quartieri della città, studiati nel corso degli anni per le loro peculiarità, operazione necessaria anche per ricomporre un quadro d’insieme. Emersero anche forme molteplici di resistenza non armata. La comunità nel suo complesso conobbe le difficoltà degli approvvigionamenti, la fame e la borsa nera che, specie nei quartieri più poveri, determinarono l’assalto ai forni, ad opera soprattutto delle donne. La presenza dei tedeschi creava uno stato diffuso di paura, acuito dal coprifuoco, dal rischio effettivo delle delazioni per quanti nascondevano in casa un ebreo, un renitente alla leva o un militare, dai frequenti bombardamenti degli Alleati, dalla snervante attesa del loro ingresso nella città, incautamente ritenuto prossimo subito dopo lo sbarco di Anzio. Il nome di via Tasso suscita ancora una percezione di terrore nei romani di età più avanzata.
Gran parte della popolazione, e non solo i cattolici, trovava un punto di riferimento nel papa, o meglio nel vescovo di Roma. La presenza del Vaticano e di molti edifici pontifici disseminati nella città contribuiva a difendere dai bombardamenti, ma esisteva anche una rete di assistenza e accoglienza – per quanti temevano per la loro vita a causa dell’appartenenza “razziale”, o per ragioni civili e politiche – che era offerta dai numerosi conventi e istituti religiosi presenti nella città. Il comportamento del papa – dai contemporanei percepito come protettivo, ma non esente da ambiguità come è emerso dalla storiografia successiva – potrà essere ulteriormente approfondito ora che sono stati aperti al pubblico gli archivi del suo pontificato, anche se è già nota una serie di documenti della S. Sede sul periodo bellico. Pio XII mantenne relazioni diplomatiche con gli Alleati e con i tedeschi e si fece interprete di un’”imparzialità”, finalizzata ad evitare lo scontro armato per la liberazione della città. Anche alcuni dei partiti antifascisti del CLN, costituito il 9 settembre, erano contrari allo scontro, mentre i partiti di sinistra avevano subìto gravi e numerosi arresti negli ultimi mesi. Inoltre poteva costituire un freno anche il drammatico epilogo alle Fosse Ardeatine dell’attentato di via Rasella.
A Roma, dunque, venne intrapresa un’attività politica tesa al recupero del suo ruolo di Capitale su nuove basi democratiche e istituzionali, accompagnata da una diffusa stampa clandestina. Il CLN centrale chiese, in un ordine del giorno del 16 ottobre, la costituzione di un nuovo governo espresso dalle forze antifasciste, che doveva assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato, condurre la guerra a fianco degli Alleati e convocare, dopo la Liberazione, un’Assemblea costituente per decidere la forma istituzionale dello Stato. Non è qui il caso di ripercorrere questo cammino, segnato dal congresso di Bari e dalla “svolta di Salerno”. Dalla situazione che ne seguì il re nominò, al momento della Liberazione della città, luogotenente del Regno il figlio Umberto, che entrò nella Capitale al seguito degli Alleati, pensando forse di salvare così la monarchia. Ma il governo Bonomi, subito instaurato con i sei partiti antifascisti, ricevette l’investitura dal CLN centrale e non dal luogotenente, segno evidente della volontà di rottura della continuità istituzionale, e con la prima “Costituzione provvisoria” del 25 giugno, riprendendo i punti del citato ordine del giorno, avviò il percorso che porterà alla Costituente.
Un ulteriore aspetto, infine, è stato di recente affrontato dall’ampia e approfondita ricerca sulla liberazione di Roma di Gabriele Ranzato, che analizza a fondo anche le ragioni della “mancata insurrezione” e ripercorre puntualmente ogni aspetto della Resistenza romana. Ranzato colloca l’analisi dei nove mesi di occupazione nel contesto generale della guerra, evidenziando anche le divergenze tra inglesi e americani sulla conduzione delle operazioni, l’inefficienza dei servizi segreti, la scarsa comunicazione tra gli Alleati e la Resistenza romana e le ragioni della reciproca incomprensione, l’obiettivo degli americani di liberare la prima Capitale dell’Asse in anticipo rispetto allo sbarco in Normandia e la volontà del generale Clark di entrare, come liberatore, a Roma.
Immagine in evidenza: rielaborazione grafica a cura di Andrea Sangiovanni di uno stralcio di lettera scritta da Enrica Filippini Lera e Vera Michelin Salomon al Comando n. 1 Special Force il 29 settembre 1945, conservata presso The National Archives (Londra).
di Stefania Ficacci
Quando il fronte di guerra si arenò nel Basso Lazio, lungo il fiume Garigliano, il controllo della via Casilina e della ferrovia Roma-Cassino diventò l’obiettivo principale per nazifascisti e Alleati. Qui passavano i rifornimenti delle truppe tedesche, da qui sarebbero arrivati gli Alleati a liberare Roma. Almeno centocinquantamila persone abitavano i quartieri di Tor Pignattara, Centocelle, Quadraro, Borgata Gordiani, Quarticciolo, lungo le vie Casilina, Tuscolana e Prenestina. Immigrati per lo più, poi parecchi dissidenti politici, operai e impiegati nelle aziende pubbliche, commercianti, artigiani. C’erano poi gli abitanti delle borgate volute dal fascismo e dei borghetti abusivi. E stretta fra la ferrovia Roma-Cassino e via Casilina, poco dopo Porta Maggiore, ancora oggi brulica e fermenta il quartiere di Tor Pignattara. Alla fine del 1943 divenne il baricentro dell’VIII zona del CLN e di questo quartiere #raccontiamolaresistenza.
Oggi #RaccontiamolaResistenza a Roma attraverso le fontane dei GAP. Molti luoghi storici di Roma diventarono, nei mesi dell’occupazione tedesca, sedi in cui avvenivano incontri clandestini. Alcune fontane monumentali, in particolare, furono scelte come punti di incontro dai GAP romani. Massimo Sestili le ha individuate, insieme a Mario Fiorentini (“Sette mesi di guerriglia urbana”, Odradek, 2015) e ci conduce, in questo percorso che coniuga la storia romana con quella della resistenza, alla loro scoperta.
A Piazza Trilussa davanti alla Fontana dell’Acqua Paola, meglio conosciuta come il Fontanone di Ponte Sisto fatto costruire da papa Paolo V Borghese nel 1613, si riunirono nel mese di ottobre del 1943, Carlo Salinari, Giulio Cortini, Danilo Nicli e Mario Fiorentini, e costituirono i GAP Centrali. Il primo GAP centrale è stato l’Antonio Gramsci, comandato da Mario Fiorentini, ‘Giovanni’, in coppia con Lucia Ottobrini, ‘Maria’. Da quel momento i Gap di Zona, comandati da Carlo Salinari, e i GAP Centrali, comandati da Antonello Trombadori, operarono separatamente, anche se per alcune azioni particolarmente difficili collaborarono, come nelle azioni di via Giulio Cesare e di via Rasella. Sia i GAP di Zona che i GAP Centrali facevano parte dell’organizzazione militare del PCI.
LA FONTANA DI PIAZZA MAZZINI
Progettata dall’architetto paesaggista Raffaele De Vico con la collaborazione di Ermenegildo Luppi per le parti scultoree, la costruzione della fontana giardino iniziò nel 1927 e durò all’incirca tre anni. Posizionata più in basso rispetto al piano stradale vi si accede da quattro entrate attraverso delle scale. Per ogni entrata c’è una colonna decorata con il fascio littorio alla cui sommità si trova un’aquila. Alla base delle colonne compaiono le scritte: Honor, Imperium, Virus. La piscina centrale, di forma ottagonale, è alimentata da lunghi pesci che emettono zampilli di acqua.
L’8 novembre 1943, davanti la Fontana di Piazza Mazzini, si incontrano Maria Teresa Regard (Piera) e Franco Calamandrei (Cola), per formare il GAP Centrale “Gastone Sozzi” di cui Cola è il comandante.
LA FONTANA DELLE API IN VIA VENETO E LA FONTANA DEL TRITONE A PIAZZA BARBERINI
La Fontana delle Api, posta all’angolo tra Piazza Abeberini e via Veneto, è stata commissionata a Gian Lorenzo Bernini da papa Urbano VII Barberini il 6 aprile 1644. Le Api sono le stemma dei Barberini. La Fontana del Tritone sempre su commissione di Urbano VII venne realizzata da Bernini tra il 1642 e il 1643. Le due Fontane dovevano completare l’abbellimento della Piazza antistante il palazzo dei Barberini.
L’11 dicembre 1943, Giovanni (Mario Fiorentini) ed Elena (Carla Capponi) sostano davanti alla Fontana delle Api tenendosi per mano con il tipico atteggiamento di due innamorati. Il loro obiettivo erano i soldati della wehrmacht che uscivano dal Cinema Barberini.
La Fontana del Tritone a Piazza Barberini è testimone del drammatico episodio. Giovanni decide di attaccare con uno spezzone di bomba ma, arrivato al centro della piazza cade dalla bicicletta. Fortunatamente i soldati tedeschi vedono cadere Giovanni in terra ma non si rendono conto di quanto sta accadendo. Giovanni si rialza, raccoglie lo ‘spezzone’ e fugge in bicicletta per via del Tritone.
LA FONTANA DELLE TARTARUGHE A PIAZZA MATTEI
La Fontana delle Tartarughe, collocata al centro di piazza Mattei, nel quartiere ebraico, è stata progettata tra il 1581 ed il 1588 da Giacomo della Porta. Le sculture dei quattro efebi sovrastanti i delfini sono di Taddeo Landini. Le quattro tartarughe sono state aggiunte nel 1658-59, durante il restauro voluto da papa Alessandro VII e sono state attribuite a Gian Lorenzo Bernini.
Il 22 gennaio 1944 gli alleati sbarcano ad Anzio-Nettuno. La mattina del 23 gennaio sono presenti intorno alla Fontana delle Tartarughe i gappisti Giacomo (Antonello Trombadori), Maria (Lucia Ottobrini), Giovanni (Mario Fiorentini) e Giuseppe Felici.
Scopo dell’incontro era lo studio delle vie del quartiere per eventuali azioni di difesa del Ghetto. I tedeschi erano impegnati sul fronte di Anzio e non ci fu bisogno di un loro intervento. Comunque gli ebrei continuarono ad essere arrestati in altri quartieri di Roma.
LA FONTANA DEI QUATTRO FIUMI A PIAZZA NAVONA
Progettata da Gian Lorenzo Bernini e realizzata tra luglio 1648 e giugno 1651 su commissione di papa Innocenzo X Pamphili. I quattro giganti di marmo rappresentano il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata.
Dopo la riunione davanti alla Fontana delle Tartarughe, Giovanni e Maria si incontrano con Giorgio Labò presso la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona per studiare dei piani d’attacco contro i nazifascisti. Mario Fiorentini e Giorgio Labò, in previsione della liberazione di Roma, predispongono un piano per trasferirsi in Liguria con una macchina privata. Una settimana dopo, il 1 febbraio 1944, Giorgio Labò viene arrestato in via Giulia dai nazisti.
LA FONTANA DEI QUIRITI A PIAZZA DEI QUIRITI
Progettata e realizzata dallo scultore Attilio Selva tra il 1926 e il 1928, è conosciuta anche come Fontana delle Cariatidi, quattro figure femminili nude che sorreggono il catino superiore sormontato da una pigna da cui esce uno zampillo d’acqua. Il progetto di Selva per via dei nudi femminili suscitò numerose polemiche.
3 marzo 1944. A Viale Giulio Cesare un tedesco uccide Teresa Gullace. I GAP al gran completo si aggirano intorno alla Fontana dei Quiriti in attesa di attaccare la caserma. Maria (Lucia Ottobrini) e Giovanni (Mario Fiorentini) hanno il compito di disarmare la sentinella che è di guardia all’ingresso della caserma. Maria nello zainetto custodisce una bomba e una rivoltella per sé e una bomba e una rivoltella per Giovanni. Al loro fianco, armato, il giovane messinese Alfredo Orecchio. Nel trambusto generale Carla Capponi e Marisa Musu vengono arrestate e Carlo Salinari, comandante dei GAP, sospende l’azione. I GAP attaccheranno nel primo pomeriggio uccidendo due soldati.
di Lucia Ceci
#RaccontiamolaResistenza aspettando il 25 aprile 2020 attraverso un dialogo tra Lucia Ceci e Alessandro Santagata, vincitore del Premio Claudio Pavone 2019, sulle reti cattoliche nella Roma clandestina, Adriano Ossicini e la lotta dei cattolici comunisti.
Reti cattoliche nella Roma clandestina, Adriano Ossicini e la lotta dei cattolici comunisti
Oggi #raccontiamolaresistenza aspettando il #25aprile2020 attraverso un dialogo tra Lucia Ceci e Alessandro Santagata, vincitore del Premio Claudio Pavone 2019, sulle reti cattoliche nella Roma clandestina, Adriano Ossicini e la lotta dei cattolici comunisti
Pubblicato da Irsifar Roma resistente su Sabato 18 aprile 2020
di Lucia Ceci
In questo tempo di clausura forzata che vede i medici in prima linea e molti di quanti restano a casa con una gran voglia di correre, apriamo una finestra su una figura particolare della Resistenza romana: Manlio Gelsomini.
Campione nazionale juniores di atletica leggera, corse i cento metri in 11 secondi netti. Ma Gelsomini non fu solo un velocista. Fu un pediatra e un partigiano.
Ufficiale medico di complemento, l’8 settembre è a Roma e il 10 combatte a Porta San Paolo. Entra nel Fronte clandestino della Resistenza romana e partecipa alla lotta partigiana con il nome di battaglia Ruggero Fiamma.
È arrestato nel gennaio 1944 vicino Ponte Milvio e si trova nel carcere di via Tasso da 76 giorni, quando viene prelevato, portato alle Fosse Ardeatine e ucciso con un colpo alla testa.
Lucia Ceci ripercorre questa vicenda cercandone le tracce nell’Archivio Virtuale Biografico delle Vittime delle Fosse Ardeatine, attraverso una videointervista a chi lo ha progettato e ne è attualmente responsabile: Alessia Glielmi.
Un medico nella Resistenza e le sue tracce in un archivio digitale
#RaccontiamolaResistenzaIn questo tempo di clausura forzata che vede i medici in prima linea e molti di quanti restano a casa con una gran voglia di correre, apriamo una finestra su una figura particolare della Resistenza romana: Manlio Gelsomini.Campione nazionale juniores di atletica leggera, corse i cento metri in 11 secondi netti. Ma Gelsomini non fu solo un velocista. Fu un pediatra e un partigiano. Ufficiale medico di complemento, l'8 settembre è a Roma e il 10 combatte a Porta San Paolo. Entra nel Fronte clandestino della Resistenza romana e partecipa alla lotta partigiana con il nome di battaglia Ruggero Fiamma.È arrestato nel gennaio 1944 vicino Ponte Milvio e si trova nel carcere di via Tasso da 76 giorni, quando viene prelevato, portato alle Fosse Ardeatine e ucciso con un colpo alla testa. Lucia Ceci ripercorre questa vicenda cercandone le tracce nell’Archivio Virtuale Biografico delle Vittime delle Fosse Ardeatine, attraverso una videointervista a chi lo ha progettato e ne è attualmente responsabile: Alessia Glielmi.
Pubblicato da Irsifar Roma resistente su Giovedì 9 aprile 2020
Immagine in evidenza: Fotografia di Manlio Gelsomini, medico, medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Archivio biografico virtuale delle vittime delle Fosse Ardeatine (ViBiA), dossier 150. Fonte originale presso: Museo storico della Liberazione, Archivio istituzionale, Bacheche, b. 9, fasc. 4.
7 aprile 1944. Dopo sette mesi di occupazione, Roma “città aperta” è chiusa nella morsa della fame e della paura. La primavera porta la sua luce, ma, proprio come nei giorni che stiamo vivendo ora, in cui la vita e la libertà negate bloccano la possibilità di partecipare al risveglio della natura, permangono buio e terrore nella popolazione, in particolare in chi si nasconde dalla ferocia nazifascista: nelle cantine e nelle soffitte, nei cinema parrocchiali o dentro le catacombe, nelle case private, nei conventi, si nascondono gli ebrei romani, scampati alla razzia del 16 ottobre e dai rastrellamenti delle settimane successive, e insieme a loro i soldati che si rifiutano di combattere per la Repubblica di Salò, gli uomini che temono di essere mandati ai lavori forzati nelle terre del Reich e i combattenti della Resistenza, che lottano clandestinamente per scacciare quanto prima gli occupanti. Chi non si nasconde si prende cura dei rifugiati: li protegge, li sostiene, li rifocilla pur nella penuria di cibo. Si diceva allora: “Metà Roma nasconde l’altra metà”. È un’azione di Resistenza civile poderosa, fatta di gesti semplici, che possono costare la vita.
Succedeva anche nel quartiere di Monteverde, dove è ambientato questo racconto, che inaugura la sezione #raccontiresistenti. In queste righe si intrecciano due storie realmente accadute: quella di un capitano rifugiato, che scamperà alla cattura dei nazifascisti a Roma, ma, unitosi agli Alleati dopo il 4 giugno, morirà il 21 aprile 1945 durante la liberazione di Bologna, e quella degli otto componenti della famiglia Terracina, assassinata ad Auschwitz – ad eccezione di Piero, unico sopravvissuto – che venne catturata quella sera di aprile, settantasei anni fa.
Nina Quarenghi, La schiena della morte, tratto dalla raccolta di racconti Capita a Monteverde, Arkadia Editore.
Immagine in evidenza: Pietre d'inciampo della famiglia Terracina | piazza Rosolino Pio
Musica: Soft and Furious, Melancholic Ending in FreemusicArchive
Suoni:Joana Alvito, Steps, in FreesoundArchive
Sinatra314, Footsteps on stair, in FreesoundArchive
Jberkuta14, Truck Driving, in FreesoundArchive
#RaccontiamolaResistenza#aRoma
Prende il via sulla pagina Facebook Irsifar Roma resistente la campagna dell’Istituto #RaccontiamolaResistenza#aRoma, che si inserisce nella grande iniziativa social dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri #RaccontiamolaResistenza.
Arriveremo insieme a celebrare il 25 aprile attraversando i passaggi chiave della Resistenza che si combatte nella capitale: una città occupata, una città bombardata, una città che resiste.
Entreremo nei quartieri, ci fermeremo su alcune figure, apriremo uno scorcio sui problemi, le fonti, i cantieri della Resistenza. Ad accompagnarci storici, filmati, documenti. A tenerci insieme la volontà di condividere le conoscenze e le esperienze maturate in questi anni. Ma anche quei valori di partecipazione, solidarietà, unità nazionale che ci orientano, oggi più che mai, nel presente.
Il materiale prodotto sarà reso disponibile anche sul sito in questa pagina.
Nell’ambito degli eventi organizzati alla Casa della Memoria e della Storia di Roma per la Giornata della Memoria, l’Irsifar propone, agli studenti della scuola secondaria di primo grado, la presentazione del progetto di alternanza scuola-lavoro realizzato dagli studenti del Liceo Classico e Linguistico “Aristofane” di Roma, grazie al quale sono state posate, nel gennaio 2019, le pietre d’inciampo in memoria del giovane partigiano ebreo Dario Funaro, deportato e ucciso ad Auschwitz con la sua famiglia.
Poco meno di tre anni (aprile 2017) fa ho deciso di partecipare al «Torno Subito», un programma della Regione Lazio ideato con l’obiettivo di finanziare e sviluppare percorsi di formazione e di esperienze lavorative in contesti nazionali e non. Per ogni progetto si prevedeva uno svolgimento strutturato in due fasi: la prima fuori dal Lazio, in Italia o in un qualsiasi altro paese del mondo, mentre la seconda all’interno della regione.
L’idea intorno cui si è sviluppato il progetto è stata quella di realizzare un accurato scavo archivistico in merito a tutti quei fondi che conservassero materiale relativo alla Resistenza a Roma (settembre ‘43/giugno ‘44), così da poter disporre di un quadro aggiornato rispetto alla reale disponibilità e alla fruibilità della documentazione. Così, dopo aver appreso dell’interesse e della disponibilità dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza (IRSIFAR), su consiglio di quest’ultimo ho contattato l’Istituto Nazionale Ferruccio Parri (ex Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia) per proporgli di esaminare tutte le carte in loro possesso conservate a Milano – città tra le più importanti per quanto riguarda la storia del fascismo e della Resistenza – in relazione agli avvenimenti della resistenza romana. Il mio progetto si è così potuto concretizzare in una prima fase trascorsa a Milano dal febbraio al giugno del 2018 e in una seconda conclusiva a Roma tra il settembre del 2018 e il febbraio del 2019; tutti i dati raccolti sono stati schedati su tabelle di Excel così da facilitarne la consultabilità e la ricerca.
Nel periodo trascorso a Milano, ho svolto ricerche negli archivi dei principali istituti culturali e delle fondazioni pubbliche e private della città. Base operativa e di partenza di tutta “l’operazione” è stata l’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, che mi ha ospitato inizialmente nella sede amministrativa di via Federico Confalonieri e poi, per la maggior parte del tempo, nei locali di via Sarca dov’è conservato l’intero patrimonio archivistico. Qui ho potuto consultare il «Fondo CLNAI», il «Fondo CVL», il «Fondo Brigate Garibaldi», il «Fondo processi Erich Priebke – Herbert Kappler», il «Fondo Bauer Riccardo», il «Fondo De Laurentiis Augusto», il «Fondo Palombo Vittorio», il «Fondo Parri Ferruccio». Il primo dei fondi citati risulta molto consistente, ma per la mia ricerca sono di un qualche interesse i verbali, le circolari e gli atti interni dell’organismo; alcuni documenti sono relativi alla “Missione al Sud” della fine del ‘44 della delegazione del CLNAI composta da Ferruccio Parri, Edgardo Sogno, Giancarlo Pajetta e Alfredo Pizzoni. Anche il secondo fondo, quello del CVL, contiene materiale inerente alla “Missione al Sud”, ma le carte a mio avviso più significative sono quelle della serie ‘Documenti nemici’ contenenti rapporti, lettere e schedari stilati dalla Banda Koch nei suoi mesi romani. Il fondo delle Brigate Garibaldi conserva pochissimo materiale su Roma, mentre risulta molto cospicuo il fondo contenente la documentazione dei processi agli ufficiali nazisti Priebke e Kappler. Infine, per quanto riguarda i fondi personali, non vi ho trovato all’interno numerosi fascicoli significativi per la ricerca: molto pochi per quanto riguarda Bauer, poiché credo che essi siano stati trasferiti nell’omonimo fondo conservato presso la Società Umanitaria; un po’ di più negli incartamenti di Parri, di cui tuttavia la maggior parte consiste in bollettini e notiziari.
Successivamente mi sono recato alla Società Umanitaria per consultare l’«Archivio Bauer Riccardo», ma ciò è stato molto complicato poiché il fondo non è stato ancora inventariato e quindi non esistono strumenti per orientarsi nella ricerca: i documenti clandestini del periodo romano sono conservati in una busta specifica, mentre c’è solamente uno schedario con indice alfabetico relativo al carteggio, suddiviso tra lettere in entrata e in uscita. Infine ho potuto consultare il «Fondo Leo Valiani» e l’«Archivio Pietro Secchia» presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Nel primo sono contenute perlopiù lettere scambiate da Valiani con Altiero Spinelli, Manlio Rossi-Doria e Giorgio Amendola; nel secondo invece vi è una mole di documenti di carattere eterogeneo: carte sulla difesa di Roma, documenti sul Lazio e sul Meridione tra il ‘43 e il ‘44, dati sulle Brigate Garibaldi operanti nel Lazio e anche fotocopie di documenti in lingua inglese sull’OSS e sull’OVRA.
Nella seconda fase del tirocinio, svoltasi a Roma, il lavoro è iniziato presso l’IRSIFAR con la consultazione del ricchissimo «Fondo Ricerche e documenti», nucleo originario dell’archivio dell’istituto; esso è costituito dalle carte e dalle ricerche promosse sul tema della Resistenza raccolte negli ultimi decenni. Qui sono presenti numerosi verbali sulle azioni di guerriglia compiute dalle formazioni del PCI, del PdA e del PSI nelle otto zone in cui era stata divisa la città, schedari di partigiani e relazioni sulle decine di bombardamenti subiti in poco meno di un anno. È conservata una grandissima mole di ritagli di quotidiani e periodici stampati durante i mesi della Resistenza e del dopoguerra, i documenti raccolti sia da Cesare De Simone per la pubblicazione dei suoi libri che dall’IRSIFAR per l’opera Documenti della Resistenza a Roma e nel Lazio. Con CD-ROM, oltre che le carte dei professori Antonio Parisella e Sandro Setta.
La ricerca è poi proseguita negli ancor più vasti archivi della Fondazione Gramsci; qui il materiale consultato è stato, oltre che cartaceo, anche digitale. Nonostante la notevole consistenza e l’interesse che rivestono le buste «1943-1944 da carte di Roberto Forti» e «Materiale storia Federazione PCI di Roma 1921-1944», e gli archivi «Partito comunista italiano. Federazione di Roma» e « Biografie, memorie, testimonianze», la maggior parte degli sforzi è stata indirizzata allo spoglio del materiale digitalizzato e pubblicato sul portale «Archivi della Resistenza»: in questo portale online sono presenti i fondi «Brigate Garibaldi 1943-1945», «Corrispondenza Roma-Milano 1943-1945» e «Direzione Nord 1943-1945». Nel primo di questi tre fondi sono conservate relazioni sull’attività delle brigate, sia nella città che nel territorio dei Castelli Romani, mentre nel secondo tutta la corrispondenza intercorsa tra Roma e Milano nei nove mesi di occupazione nazifascista della capitale: tra i mittenti notiamo i nomi di Luigi Longo, Pietro Secchia, Mauro Scoccimarro e Celeste Negarville. Nel terzo fondo sono invece conservate, suddivise in modo molto ordinato, tantissime lettere, verbali, delibere e proposte degli organismi dirigenti del PCI, del CLNAI e del CLN; vi sono poi documenti prodotti dai vari partiti, dai sindacati e persino dal Servizio di Informazione e Polizia.
Ciò nonostante, per quanto riguarda Roma, il lavoro è stato solamente l’inizio di una più vasta ricognizione che riguarda un territorio molto esteso dal punto di vista geografico e molto frammentato dal punto di vista della conservazione archivistica, soggetta ai più svariati spostamenti e smembramenti. Il poco tempo che ho avuto a disposizione ha permesso di esaminare a fondo solamente due istituti – tra i più importanti e tra i primi a doversi consultare in un lavoro del genere – mentre invece il lavoro andrebbe proseguito presso l’Archivio Centrale di Stato, il Museo Storico della Liberazione e gli altri importanti istituti culturali presenti nel territorio romano.
Ritengo di fondamentale importanza che in futuro vengano promossi e finanziati ulteriori lavori di revisione e di ricerca che riescano a stabilire il reale stato di disponibilità di un patrimonio archivistico ricco come quello italiano, che tuttavia si è sempre trovato a dover affrontare problemi relativi alla propria conservazione e fruibilità. Ciò permetterebbe agli studiosi, di oggi e di domani, di poter accedere più facilmente alle fonti e di orientarsi con maggiori strumenti nella ricerca storica, per poter così continuare a comprendere e a interrogarsi attorno a uno degli snodi chiave della storia dell’Italia contemporanea. Il mio lavoro si inserisce in quest’ottica di un “ritorno alle fonti”, prospettiva da percorrere soprattutto in un momento storico come quello attuale dove il dibattito politico-culturale è appiattito sulla pubblicistica grossolana e sulle dichiarazioni ad effetto. La necessità di tornare a ragionare sui “fatti” e sulle loro relazioni causali risulta ancor più urgente relativamente alla tematica resistenziale, rispetto alla quale negli ultimi anni sono state compiute, da più parti, opere di mistificazione e addirittura di condanna.
In questo laboratorio verranno analizzati gli avvenimenti che portarono all’occupazione nazifascista della penisola e alla nascita della Resistenza, con l’ausilio di un PowerPoint e un laboratorio pratico di analisi di documenti di vario genere.
Durata: due ore
Sede: Casa della Memoria e della Storia, via San Francesco di Sales, 5, Roma
Costo: offerta libera
Prenotazione: scrivere a irsifar@libero.it, indicando istituto, classe, numero degli alunni.
Il laboratorio è prenotabile durante tutto l’anno scolastico e può essere anche svolto a distanza, in modalità sincrona.